Aumentata la soglia per l’emissione della fattura semplificata

Dal 24/5/2019 è stata innalzata la soglia per l’emissione della fattura semplificata da 100 a 400 euro.

L’emissione della fattura semplificata è possibile nel caso di:

– documenti di ammontare complessivo non superiore a una determinata soglia, fissata ora in 400 euro;

– note di variazione, senza limiti di importo.

Le semplificazioni consistono nella possibilità di:

– identificare il cessionario o committente mediante la sola partita IVA o il solo codice fiscale, se questi risulta stabilito nel territorio dello Stato, anziché mediante l’indicazione della ditta, della denominazione o ragione sociale, del nome e cognome, della residenza o del domicilio, richiesti, per la fattura ordinaria;

– riportare la sola descrizione dei beni ceduti, in luogo della loro natura, qualità e quantità;

– indicare l’ammontare del corrispettivo complessivo e dell’imposta incorporata, o dei dati che occorrono per calcolarla, senza necessità di riportare separatamente la base imponibile.

Resta il divieto di emettere la fattura semplificata:

– per le cessioni intracomunitarie;

– per le operazioni non soggette a IVA per carenza del requisito di territorialità.

Sono state di conseguenza aggiornate le specifiche tecniche relative all’emissione della fattura elettronica al fine di adeguare i controlli che il Sistema di Interscambio effettua sulle fatture semplificate. Il SdI verificherà che, nel caso di fatture semplificate emesse indicando nel campo “Tipo documento” il codice “TD07”, il valore dell’elemento “Importo” non ecceda il nuovo limite di 400 euro. In caso di superamento della soglia, la fattura verrà scartata con codice errore “00460”.

Il controllo non opera, invece, se viene emessa una nota di variazione con modalità semplificate.

L’ampliamento delle ipotesi di utilizzo della fattura semplificata assume particolare rilievo per i commercianti al minuto e che dovranno adempiere alla memorizzazione elettronica e alla trasmissione telematica dei corrispettivi giornalieri: tali soggetti potrebbero scegliere di documentare mediante fattura semplificata un maggior numero di operazioni, risultando così esonerati, per le operazioni medesime, dai nuovi adempimenti di memorizzazione e trasmissione telematica.

Cedolare secca sugli immobili commerciali

La cedolare secca sulle locazioni commerciali, introdotta dalla Legge di bilancio 2019, può trovare applicazione anche se il conduttore agisce nell’esercizio di attività di impresa.
È il recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate con la recente risoluzione n. 50 del 17/5/2019.
Mentre fino al 31/12/2018 l’accesso alla cedolare secca era riservato ad immobili abitativi, in seguito alla novità introdotta dalla Legge di bilancio 2019, tale agevolazione può applicarsi anche ai contratti di locazione stipulati nel 2019 aventi ad oggetto immobili classificati nella categoria catastale C/1, vale a dire “negozi o botteghe”, di superficie non superiore a 600 mq, senza conteggiare le pertinenze.
L’aliquota della cedolare secca sulle locazioni commerciali, come anche su quelle abitative “ordinarie”, è del 21%.
Si rammenta che sono escluse dal regime dell’imposta sostitutiva le locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o di arti e professioni.
L’Agenzia delle Entrate ha interpretato (circolare n. 26/2011) tale disposizione nel senso che l’accesso alla cedolare secca è impedito non solo alle locazioni in cui il locatore sia un soggetto che agisce nell’esercizio dell’impresa, ma anche alle locazioni in cui il conduttore è un soggetto che agisce nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, indipendentemente dal successivo utilizzo dell’immobile per finalità abitative, per esempio, di collaboratori e dipendenti.
Va segnalato che la giurisprudenza di merito si è già espressa in senso opposto rilevando come il tenore letterale della norma non preveda tale esclusione basata sulle caratteristiche soggettive del conduttore.
Pertanto quando la Legge di bilancio 2019 ha introdotto la cedolare secca sulle locazioni commerciali è sorto l’interrogativo sulla possibilità di applicarla in presenza di conduttori che agissero nell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo, sebbene la stessa natura delle locazioni commerciali di “negozi e botteghe” implichi la natura imprenditoriale o professionale del conduttore.
L’Agenzia delle Entrate, nel suo documento di prassi, fuga ogni dubbio evidenziando che, per le locazioni di immobili commerciali per le quali la Legge di bilancio 2019 ha previsto l’accesso alla cedolare, non opera alcuna limitazione concernente la natura dei conduttori, “tenuto conto che tali contratti hanno ad oggetto proprio immobili da destinare ad attività commerciale”.
Possono pertanto accedere al regime della cedolare secca anche le locazioni di immobili di categoria catastale C/1 stipulati, dal 1/1/2019 con conduttori sia persone fisiche che soggetti societari che svolgono attività commerciale.
L’Agenzia delle Entrate precisa che restano ferme le limitazioni attinenti alla figura del locatore che deve necessariamente essere una persona fisica che non agisce nell’esercizio dell’attività d’impresa o di arti e professioni.

Tassazione agevolata degli utili reinvestiti

Il decreto legge “Crescita”, attualmente all’esame del Parlamento per la sua conversione in legge, riscrive in modo integrale la disciplina della cosiddetta “mini IRES”, abrogando le norme introdotte dalla Legge di bilancio 2019, che non vengono a trovare mai concreta applicazione.

Rispetto a quest’ultima, la nuova disciplina, pur limitando il risparmio d’imposta, tuttavia semplifica il procedimento di calcolo, prevedendo quale presupposto il solo accantonamento di utili a riserva, e non più l’effettuazione di investimenti e/o l’incremento dell’occupazione.

L’agevolazione riguarda sia i soggetti IRES che gli imprenditori individuali, le snc e le sas, purché in contabilità ordinaria.

L’agevolazione comporta l’assoggettamento ad IRES con un’aliquota ridotta della parte del reddito d’impresa corrispondente agli utili accantonati a riserve disponibili, se realizzati a decorrere dall’esercizio in corso al 31/12/2018, nel limite dell’incremento di patrimonio netto.

La riduzione dell’aliquota IRES è scaglionata negli anni ed è pari al:

•               22,5% per il 2019;

•               21,5% per il 2020;

•               21% per il 2021;

•               20,5% dal 2022 e tale aliquota è quella a regime.

Un decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze detterà le disposizioni attuative della nuova agevolazione.

Obbligo di trasmissione dei corrispettivi telematici

A partire dal 1/1/2020 i soggetti che operano nel settore del commercio al minuto saranno tenuti a memorizzare elettronicamente e a trasmettere in via telematica i dati dei corrispettivi giornalieri all’Agenzia delle Entrate.

Tuttavia per i commercianti che nel 2018 hanno realizzato un volume d’affari superiore ad euro 400.000 il suddetto obbligo scatta dal prossimo 1/7/2019.

Di recente l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito ai criteri di individuazione dei soggetti passivi IVA che saranno tenuti ad adempiere l’obbligo di memorizzazione elettronica e di trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi a partire dall’1/7/2019.
In primo luogo l’Agenzia ha chiarito che l’eventuale superamento del limite di 400.000 euro deve essere verificato tenendo conto del volume d’affari complessivo del soggetto passivo IVA, non essendo possibile fare riferimento soltanto a una o più delle sue attività e a nulla vale, per esempio, il fatto che il volume d’affari complessivamente superiore ad euro 400.000 sia derivante in via principale da operazioni soggette a fatturazione e soltanto in via secondaria da operazioni certificate da corrispettivi.

In secondo luogo l’Agenzia precisa che il volume d’affari da considerare è quello relativo al 2018; di conseguenza, le attività iniziate nel corso del 2019 sono automaticamente escluse dall’obbligo per il 2019, ferma restando la possibilità di memorizzare e inviare i corrispettivi su base volontaria.
Per quanto riguarda i possibili soggetti esonerati dall’obbligo di invio dei corrispettivi, la questione viene demandata a due decreti ministeriali di prossima emanazione.
Gli esoneri potranno essere disposti in ragione alla tipologia di attività esercitata e in base al luogo di esercizio dell’attività.
Per quanto concerne le modalità di memorizzazione e invio dei dati, i soggetti interessati potranno utilizzare i registratori telematici o la procedura web gratuita che verrà attivata dall’Agenzia delle Entrate.

Servizio di consultazione delle fatture elettroniche

L’Agenzia delle Entrate, con un proprio recente provvedimento, ha rinviato al 31/5/2019 l’attivazione delle funzionalità per l’adesione al nuovo servizio di consultazione e acquisizione delle fatture elettroniche venendosi così a posticipare anche il termine ultimo previsto per l’adesione al servizio medesimo.
Si rammenta che il Garante della privacy aveva rilevato alcune criticità connesse al trattamento dei dati personali contenuti nei documenti elettronici e recependo i rilievi del Garante, l’Agenzia delle Entrate aveva stabilito che le funzionalità di consultazione delle fatture sarebbero state attivate soltanto previa adesione al servizio da parte dei soggetti interessati.
Pertanto i soggetti interessati potranno aderire, anche tramite intermediari appositamente delegati, al servizio di consultazione mediante apposita funzionalità resa disponibile nell’area riservata del sito web dell’Agenzia delle Entrate.
E’ necessario che la delega sia stata conferita dopo il provvedimento del Garante della privacy, vale a dire successivamente al 21/12/2018.
In un primo momento, l’Agenzia delle Entrate aveva stabilito che le funzionalità per l’adesione sarebbero state rese disponibili a decorrere dal 3/5/2019, ma successivamente tale termine è stato posticipato al 31/5/2019 e, pertanto, i soggetti passivi IVA che intendono aderire al servizio di consultazione delle fatture elettroniche dovranno attendere sino a tale data.
In connessione al rinvio del termine di attivazione delle funzionalità di adesione al servizio è stato posticipato anche il termine ultimo per effettuare l’adesione, previsto entro 60 giorni dal termine di attivazione delle relative funzionalità; tale termine risulta ora posticipato dal 2/7/2019 al 2/9/2019.
In seguito all’adesione al servizio di consultazione l’Agenzia delle Entrate memorizzerà i dati dei file delle fatture elettroniche e li renderà disponibili in consultazione esclusivamente al soggetto che ha effettuato l’adesione.
file delle fatture elettroniche saranno resi disponibili fino al 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di ricezione da parte del Sistema di Interscambio e, successivamente, verranno cancellati.
In assenza di adesione l’Agenzia delle Entrate, dopo l’avvenuto recapito della fattura al destinatario, cancellerà i dati dei file delle fatture elettroniche e memorizzerà esclusivamente i dati fiscalmente rilevanti di cui all’art.21 del DPR 633/72, con esclusione di quelli relativi alla natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto delle operazioni, e delle altre disposizioni tributarie, nonché dei dati necessari a garantire il processo di fatturazione elettronica.
Tali dati saranno resi disponibili fino al 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento.
Fino alla data di disponibilità della funzionalità di adesione, e per il periodo previsto per effettuare l’adesione stessa, vale a dire dal 31/5/2019 al 2/9/2019, l’Agenzia delle Entrate procederà alla temporanea memorizzazione dei file delle fatture elettroniche e le renderà disponibili in consultazione ai soggetti passivi IVA e agli intermediari da questi delegati. 
La mancata adesione al servizio di consultazione comporterà la cancellazione dei file memorizzati nel periodo transitorio entro 30 giorni dal termine del periodo per l’adesione.

Responsabilità del sostituito nel caso di ritenuta operata ma non versata

Recentemente la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza n. 10378 del 12/4/2019, ha affermato il seguente principio: “nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall’art. 35 DPR n. 602 cit. è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute“.
Nella fattispecie il sostituto d’imposta operava la ritenuta sul corrispettivo, ma non provvedeva al relativo versamento; il sostituito, incassato il corrispettivo al netto della ritenuta, scomputava la medesima in sede di dichiarazione.
In seguito a controllo formale della dichiarazione il sostituito riceveva la cartella di pagamento per la riscossione della ritenuta, in quanto considerato solidalmente responsabile con il sostituto d’imposta per l’omesso versamento della ritenuta stessa. L’Ufficio, infatti, riteneva applicabile nella fattispecie la previsione dell’art. 35 del DPR 602/73 secondo il del quale, “quando il sostituto viene iscritto a ruolo per imposte, sopratasse e interessi relativi a redditi sui quali non ha effettuato né le ritenute a titolo di imposta né i relativi versamenti, il sostituito è coobbligato in solido“.
Poiché in materia di solidarietà per omesso versamento di ritenute regolarmente operate dal sostituto d’imposta ma non versate vi erano due orientamenti contrastanti si è resa necessaria la pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite.
I giudici rilevano che il soggetto passivo dell’imposta è il sostituito, in quanto il sostituto ha solo la facoltà di intervenire nel processo e da questo principio, deriva “la fondamentale illazione per cui il dovere di versamento della ritenuta d’acconto costituisce un’obbligazione autonoma, rispetto all’imposta; un’obbligazione che la legge ha posto solamente a carico del sostituto, …. e che trova la sua causa nel corrispondente obbligo di rivalsa …”. Ne consegue, pertanto, che il dovere di versare la ritenuta d’acconto spetta solo al sostituto e trova la sua causa nel corrispondente obbligo di rivalsa previsto dall’art. 64, comma 1, del DPR n. 600/73 e tale principio è coerente con il disposto dell’art. 35 del DPR 602/73 secondo cui vi è solidarietà tra sostituto e sostituito solo se il sostituto non ha effettuato né le ritenute, né il versamento.

Definizione dei processi verbale di constatazione

L’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti in merito alla definizione dei PVC con la recente circolare n. 7 del 9/4/2019.

Ai fini della definizione in parola è necessario, innanzitutto, che vi sia un verbale consegnato al contribuente entro la data del 24/10/2018, emesso dalla Guardia di Finanza o dall’Agenzia delle Entrate, ed è altresì necessaria l’accettazione integrale dei rilievi; la convenienza della definizione consiste nello stralcio delle sanzioni irrogabili e degli interessi.

L’adesione alla sanatoria comporta la presentazione, entro il prossimo 31/5/2019, di una dichiarazione integrativa relativa all’imposta di riferimento (quindi modello UNICO/REDDITI, IVA, IRAP, 770) e l’effettuazione del versamento di tutte le somme o della prima rata; a tal proposito l’Agenzia delle Entrate ha già istituito i relativi codici tributo

Si evidenzia che l’avviso di accertamento o l’invito all’adesione notificati entro il 24/10/2018 precludono la definizione.

Per quanto riguarda le violazioni definibili, a parere dell’Agenzia delle Entrate, risultano definibili le sole violazioni che danno luogo a sanzioni contestate unitamente all’accertamento, rimanendo escluse le violazioni che danno luogo a liquidazione automatica ed a controllo formale della dichiarazione.

Sono oggetto di definizione le annualità per le quali non è intervenuta la decadenza alla data del 31/12/2018.

Il contribuente può scegliere quante e quali annualità definire, ma, all’interno dell’annualità che si intende definire, è necessario procedere alla definizione per tutte le violazioni constatate per ogni tributo.

Se c’è stato un accertamento relativamente ad un tributo o ad una annualità oggetto del verbale, il contribuente può definire tributi ed annualità non raggiunte da accertamento.

Per quanto riguarda l’aspetto dichiarativo, al fine di consentire l’abbinamento con il verbale, la dichiarazione va presentata barrando la casella “Correttiva nei termini”.

Occorre integrare la dichiarazione originariamente presentata con i maggiori imponibili e/o le maggiori imposte, tenendo sempre in considerazione le deduzioni dal reddito e le detrazioni d’imposta.

Se emerge un minor credito, è necessario ridurne l’entità anche nelle dichiarazioni successive, ravvedendo la violazione da dichiarazione inesatta. Ove il verbale evidenzi una minor perdita, è necessario presentare, sempre entro il 31/5/2019 e barrando la casella “Correttiva nei termini”, le dichiarazioni degli anni successivi ove la perdita è stata utilizzata a scomputo dei maggiori imponibili.

Definizione delle liti pendenti

Con la recente circolare n. 6 del 1/4/2019 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito diversi aspetti concernenti la definizione delle liti pendenti, il cui termine per il pagamento del dovuto, o della prima rata, e per la presentazione di apposita domanda scadrà il prossimo 31/5/2019, salvo proroghe.

Rientrano nella definizione i giudizi relativamente ai quali il ricorso introduttivo di primo grado è stato notificato entro il 24/10/2018.

A tale data il processo doveva essere pendente, per cui non dovevano essere decorsi i termini per l’appello, il ricorso per Cassazione o per la riassunzione in rinvio. Si rammenta che I suddetti termini sono sospesi per nove mesi, se scadono dal 24/10/2018 al 31/7/2019.

La pendenza della lite deve sussistere anche nel momento di presentazione della domanda di definizione.

I processi definibili sono quelli tributari in cui è controparte l’Agenzia delle Entrate; se il ricorso è stato notificato solo al concessionario della riscossione, la lite non è definibile.

La definizione ha ad oggetto solo gli atti impositivi, rimanendo esclusi gli avvisi di liquidazione e i ruoli derivanti da omesso versamento di tributi dichiarati.

Appare esclusa dalla definizione anche la lite su sole sanzioni da omesso versamento di imposte dichiarate, trattandosi di atto di riscossione.

Per quanto riguarda il costo della definizione:

– se l’Agenzia delle Entrate è rimasta soccombente in primo grado, è dovuto il 40% delle imposte, con stralcio di sanzioni e interessi;

– se l’Agenzia delle Entrate è rimasta soccombente in secondo grado, è dovuto il 15% delle imposte con stralcio di sanzioni e interessi;

– se c’è stata soccombenza del contribuente, sono dovute tutte le imposte, con stralcio di sanzioni e interessi;

– se il processo è iscritto nel primo grado di giudizio, è dovuto il 90% delle imposte, ma è necessario che la costituzione in giudizio sia avvenuta entro il 24/10/2018;

– se, al 24/10/2018, il processo pendeva in sede di rinvio oppure erano pendenti i termini per la riassunzione, è dovuto il 90% delle imposte;

– se il contribuente è stato vincitore in tutti i gradi di merito e, al 19/12/2018, il processo pende in Cassazione, si ha lo stralcio del 95% delle imposte, ma è necessario che vi sia stata l’integrale soccombenza dell’Agenzia delle Entrate in tutti i pregressi gradi di giudizio.

Se oggetto di lite è un accertamento su perdite d’impresa, viene concessa la possibilità di definizione affrancando la perdita, cioè pagando l’imposta virtuale in base alle percentuali indicate.

Ove la lite riguardi solo sanzioni non collegate al tributo, la definizione si perfeziona con il pagamento del 15% se il contribuente ha vinto il ricorso al 24/10/2018, con il pagamento del 40% negli altri casi. Se si tratta di sanzione collegata al tributo, la definizione non comporta alcun versamento se il tributo è definito per essere, ad esempio, stato pagato in autoliquidazione.

Nuovi assetti societari

La maggior parte delle norme del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza entra in vigore decorsi 18 mesi dalla data di pubblicazione in G.U. del D.Lgs. n. 14/2019 e, pertanto, dal 15/8/2020.

Tuttavia gran parte delle novità in materia di diritto societario sono entrate in vigore dopo trenta giorni dalla pubblicazione in G.U. del Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza, vale a dire dal 16/3/2019.

Sono già in vigore le novità in materia di:

  • responsabilità verso i creditori sociali nelle srl;
  • assetti organizzativi delle società;
  • quantificazione del danno in caso di indebita prosecuzione dell’attività sociale;
  • denuncia al Tribunale nelle srl;
  • nomina obbligatoria dell’organo di controllo o del revisore legale nelle srl.

Una delle più importanti novità riguarda la modifica dell’art. 2086 del codice civile.

A decorrere dal 16/3/2019 il nuovo secondo comma dell’art. 2086 c.c. impone all’imprenditore, che opera in forma societaria o collettiva, di:
– istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale;
– attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.
Risulta pertanto necessario:
– individuare le funzioni interne necessarie alla produzione dei beni e servizi che si intendono porre sul mercato, facendo in modo che la struttura sia efficiente e che garantisca un adeguato flusso informativo tra le varie aree per un continuativo monitoraggio;
– supportare l’assetto organizzativo con uno contabile e amministrativo capace di effettuare un puntuale controllo sulla gestione mediante una corretta pianificazione aziendale ed una costante analisi degli scostamenti.
Nell’ambito del suddetto contesto, l’organo di controllo, che risulta ampliato in conseguenza dei nuovi parametri indicati nell’art. 2477 del codice civile, è chiamato a verificare l’attività degli amministratori in materia di implementazione e valutazione degli assetti organizzativi e a segnalare gli indizi di crisi eventualmente emersi nella sua attività di controllo, chiedendo notizie sulle attività poste in essere per porvi rimedio e vigilando sulla loro concreta attuazione.

Note di variazione in diminuzione e termine ultimo per la loro emissione

Con un recente chiarimento (risposta interpello n. 55 del 14/2/2019) l’Agenzia delle Entrate ha affermato che la mancata emissione di una nota di variazione in diminuzione ai sensi dell’art. 26 del DPR 633/72 nei termini previsti pregiudica il recupero dell’IVA, anche nel caso di procedura concorsuale o esecutiva.

Risulta pertanto necessario, al fine di evitare la suddetta conseguenza, conoscere la data che attesta l’infruttuosità della procedura, in quanto costituisce il momento a partire dal quale è possibile operare la variazione in diminuzione.

Si rammenta che la nota deve essere emessa entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è manifestato il presupposto che consente la variazione; a tal fine, in vista dell’imminente scadenza del termine di presentazione della dichiarazione IVA, è opportuno monitorare le procedure chiuse nel 2018, provvedendo a emettere la relativa nota di variazione.

Vale la pena di evidenziare che se la nota di variazione non viene emessa entro tale termine, non è ammesso il recupero dell’IVA assolta mediante presentazione di una dichiarazione IVA integrativa a favore.

L’Agenzia delle Entrate ricorda poi quali sono i termini a partire dai quali è possibile emettere la nota di variazione nel caso di procedure concorsuali.

Si ricorda infine che, con la dichiarazione IVA 2019, si possono recuperare anche i crediti derivanti da procedure concluse nel 2016, a condizione che la variazione, per la quale non opera il limite annuale previsto dall’art. 26, sia eseguita entro il termine di presentazione della dichiarazione IVA.