Note di variazione in caso di procedure concorsuali infruttuose

La Corte di Giustizia UE si è recentemente pronunciata in merito alle regole di emissione delle note di credito IVA da parte del fornitore in caso di mancato pagamento del corrispettivo da parte del cessionario o committente.
Quadro normativo
L’art. 26, comma 2, del DPR 633/1972 prevede che, in caso di mancato pagamento del corrispettivo di una cessione o prestazione, l’emissione della nota di credito da parte del fornitore sia subordinata al verificarsi dell’infruttuosità di una procedura concorsuale.
Dapprima la legge di stabilità 2016 aveva modificato tale disposizione, anticipando la possibilità di emissione della nota di credito all’apertura della procedura concorsuale, ma tale modifica è venuta meno con la legge di bilancio 2017.
Inammissibilità del termine stabilito dalla norma nazionale
Con sentenza del 23/11/2017 la Corte di Giustizia UE ha affermato che uno Stato membro non può prevedere che, a fronte del mancato pagamento del corrispettivo, la detrazione dalla base imponibile IVA sia subordinata al verificarsi dell’infruttuosità di una procedura concorsuale la cui durata può superare anche 10 anni. Un simile termine determina, infatti, per i soggetti passivi, uno svantaggio in termini di liquidità rispetto ai loro concorrenti di altri Stati membri.
Sebbene la normativa europea ammette che gli Stati membri stabiliscano regole proprie ai fini della variazione in diminuzione dell’IVA in caso di mancato pagamento del corrispettivo, tuttavia il meccanismo di riduzione della base imponibile non può essere limitato al punto da compromettere la neutralità dell’IVA.
Secondo la Corte potrebbe essere sufficiente consentire l’emissione della nota di variazione in presenza di una probabilità ragionevole che il debito non sia saldato.
Normativa fallimentare
Per completezza va tuttavia osservato che la legge fallimentare prevede che:
– il curatore, nel programma di liquidazione, deve obbligatoriamente indicare il termine entro il quale sarà completato il realizzo dell’attivo, che non può eccedere i due anni dal deposito della sentenza di fallimento, salvo situazioni particolari;
– il mancato rispetto dei termini previsti dal programma di liquidazione, senza giustificato motivo, costituisce una giusta causa di revoca del curatore.